Blog del sarto

Nel castello dell’ Innominato e nel paese vicino al suo: 9 novembre 1628, Mattino (Nicotra Gaia)

Arrivo dopo un viaggio disagevole a bordo di una lettiga, tra me e me penso alla buona azione che sto per compiere e cerco d’immaginare il volto della ragazza che sto per incontrare, mi sento combattuta tra paura e fierezza. Quel sentimento misto di curiosità e impazienza con il dubbio che continuo a ripetermi :” Sarò in grado di aiutarla veramente e soprattutto lei vorrà il mio aiuto?”.

Arrivo con Don Abbondio alla porta del castelletto, bussiamo,  entriamo, mentre una vecchia esce e ci saluta. In un angolo vedo una giovane ragazza, magra, spaventata e molto turbata dalla nostra presenza, come chi vive in un continuo stato di tensione e paura per ogni cambiamento. Lei ripete con le labbra contratte e tremanti: ” tutta quella gente…? quel signore…! quell’uomo…! Già me l’ aveva promesso…”

Don Abbondio accanto a me cerca di non perdere tempo e la sprona ad andare via. Io vedendo il terrore negli occhi della ragazza cerco di rassicurarla, le dico che l’uomo che lei tanto teme (l’Innominato) è cambiato: “Viene a liberarvi; non è più quello; è diventato buono: sentite che vi chiede perdono?”. Si alza, le porgo il mio braccio per aiutarla, arriviamo nel cortile e finalmente Lucia sale sulla lettiga e partiamo. Chiudo le tende della lettiga, prendo le mani di Lucia tra le mie in modo da farla sentire protetta e le dico il nome del paese in cui ci dirigiamo, lei mi risponde: ” Ah Madonna santissima, vi ringrazio! mia madre! mia madre! La rassicuro dicendole che saremo subito andate a cercarla. Lucia mi chiede chi io sia e la motivazione per cui mi trovo li con lei; allora inizio a raccontarle tutta la storia: che l’Innominato pentito delle sue malefatte si è rivolto all’Arcivescovo raccontando del rapimento e volendo porvi rimedio, chiedendo aiuto per la liberazione di Lucia.

A queste parole Lucia si sente sollevata e di questo mi rallegro moltissimo.

Avrei voglia di chiederle della sua storia ma non me la sento, non mi sembra il caso, non è questo il mio compito.

Lucia si addormenta.

Arrivate a casa,  entriamo e faccio sedere Lucia nell’angolo più tranquillo e comodo della cucina; cerco di cucinare qualcosa che posso piacerle, preparo del brodo con delle fette di pane caldo, a ogni cucchiaiata vedo che la ragazza si risollevava sempre di più, cominciando a toccarsi i capelli sembrava quasi volesse consolarsi e si ritrova più distesa tant’è che la paura finalmente sembra lasciare spazio a una apparente tranquillità.

 

Casa del sarto, il 10 novembre 1628 (Scalzo Rossella)

Tutto d’un tratto, mentre osservo la povera Lucia in preghiera, sento giungere dall’esterno le voci dei miei tre figli, accompagnati dal padre, di ritorno dalla chiesa.

Entrando in casa notano la presenza della nostra ospite, insospettiti, mi raggiungono nell’altra stanza per ottenere qualche informazione su di lei.

Io rispondo a tutti i loro quesiti con un zitti, zitti” e pochi istanti dopo vedo entrare con il suo classico passo quieto mio marito. Gli ho presentato Lucia che, imbarazzata dalla situazione inizia a balbettare qualche scusa che giustifichi il fatto che si trovi in casa nostra.

Mio marito, educato come sempre, la interrompe senza farle finire la frase ed esclama a gran voce: “Benvenuta, benvenuta! Siete la benedizione del cielo in questa casa.”

Mentre preparo da mangiare penso al triste periodo che sta affrontando la povera ragazza, durante la cottura del cappone mi reco da lei per vedere come sta e dialogare. Mi rivela che le manca Renzo ma che tutti questi problemi mettono a dura prova la sua salute.

Poco dopo, torno in cucina a controllare il cappone che è pronto per esser messo in tavola, mi reco da Lucia e la invito a sedersi a tavola con noi.

Finito il pasto, la mia figliola stette un momento; poi mise insieme un piatto delle vivande ch’eran sulla tavola, e aggiuntovi un pane, mise il piatto in un tovagliolo e un fiaschetto di vino lo portò a Maria vedova.

Sento bussare alla porta di casa, si tratta del curato del paese, dice di essere stato mandato dal cardinale per avvertire Lucia che vuole vederla oggi stesso e ringraziare me e mio marito.

Finalmente Agnese si reca a casa nostra e Lucia emozionata dal suo arrivo si alza precipitosamente verso di lei e l’abbraccia.

Qualche ora dopo il cardinale chiede personalmente a me e mio marito se siamo disposti ad ospitare per quale giorno le due donne e quest’ultimo emozionato e in cerca di una risposta adeguata riesce solo a rispondere “si figuri.”

Così terminò quella giornata tanto celebre.

 

 

 

 

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