Blog della mercantessa

 

Lucia e la mercantessa nel lazzaretto

Lazzaretto di Milano, 1 Giugno 1630     (Bonino Chiara)

Ciao a tutti, sono la mercantessa, una donna vedova e senza neanche più un figlio.  I miei cari sono morti per la stessa ragione per cui io mi trovo nel lazzaretto: la peste.                                                                                                Nella stessa mia capanna c’é una giovine ragazza, che proviene dalla provincia di Lecco. Si chiama Lucia, e mi tiene compagnia in questi giorni di agonia. E’ una ragazza molto affettuosa, vorrei avere una figlia come lei.. ma, mi ha raccontato del suo promesso sposo che dovrebbe arrivare a momenti, non vedo l’ora di conoscerlo!                              Nella conversazione tra Renzo e Lucia non ho capito molto, parlavano di un voto e che non si potevano più sposare. Appena il giovane se ne andò chiesi spiegazioni a Lucia, che mi raccontò la vicenda piangendo disperatamente: aveva fatto un voto alla vergine: se fosse riuscita a uscire dalla casa dell’Innominato, non avrebbe più sposato Renzo! Cercai di consolarla e le dissi che tutto andrà bene.

Blog del sarto

Nel castello dell’ Innominato e nel paese vicino al suo: 9 novembre 1628, Mattino (Nicotra Gaia)

Arrivo dopo un viaggio disagevole a bordo di una lettiga, tra me e me penso alla buona azione che sto per compiere e cerco d’immaginare il volto della ragazza che sto per incontrare, mi sento combattuta tra paura e fierezza. Quel sentimento misto di curiosità e impazienza con il dubbio che continuo a ripetermi :” Sarò in grado di aiutarla veramente e soprattutto lei vorrà il mio aiuto?”.

Arrivo con Don Abbondio alla porta del castelletto, bussiamo,  entriamo, mentre una vecchia esce e ci saluta. In un angolo vedo una giovane ragazza, magra, spaventata e molto turbata dalla nostra presenza, come chi vive in un continuo stato di tensione e paura per ogni cambiamento. Lei ripete con le labbra contratte e tremanti: ” tutta quella gente…? quel signore…! quell’uomo…! Già me l’ aveva promesso…”

Don Abbondio accanto a me cerca di non perdere tempo e la sprona ad andare via. Io vedendo il terrore negli occhi della ragazza cerco di rassicurarla, le dico che l’uomo che lei tanto teme (l’Innominato) è cambiato: “Viene a liberarvi; non è più quello; è diventato buono: sentite che vi chiede perdono?”. Si alza, le porgo il mio braccio per aiutarla, arriviamo nel cortile e finalmente Lucia sale sulla lettiga e partiamo. Chiudo le tende della lettiga, prendo le mani di Lucia tra le mie in modo da farla sentire protetta e le dico il nome del paese in cui ci dirigiamo, lei mi risponde: ” Ah Madonna santissima, vi ringrazio! mia madre! mia madre! La rassicuro dicendole che saremo subito andate a cercarla. Lucia mi chiede chi io sia e la motivazione per cui mi trovo li con lei; allora inizio a raccontarle tutta la storia: che l’Innominato pentito delle sue malefatte si è rivolto all’Arcivescovo raccontando del rapimento e volendo porvi rimedio, chiedendo aiuto per la liberazione di Lucia.

A queste parole Lucia si sente sollevata e di questo mi rallegro moltissimo.

Avrei voglia di chiederle della sua storia ma non me la sento, non mi sembra il caso, non è questo il mio compito.

Lucia si addormenta.

Arrivate a casa,  entriamo e faccio sedere Lucia nell’angolo più tranquillo e comodo della cucina; cerco di cucinare qualcosa che posso piacerle, preparo del brodo con delle fette di pane caldo, a ogni cucchiaiata vedo che la ragazza si risollevava sempre di più, cominciando a toccarsi i capelli sembrava quasi volesse consolarsi e si ritrova più distesa tant’è che la paura finalmente sembra lasciare spazio a una apparente tranquillità.

 

Casa del sarto, il 10 novembre 1628 (Scalzo Rossella)

Tutto d’un tratto, mentre osservo la povera Lucia in preghiera, sento giungere dall’esterno le voci dei miei tre figli, accompagnati dal padre, di ritorno dalla chiesa.

Entrando in casa notano la presenza della nostra ospite, insospettiti, mi raggiungono nell’altra stanza per ottenere qualche informazione su di lei.

Io rispondo a tutti i loro quesiti con un zitti, zitti” e pochi istanti dopo vedo entrare con il suo classico passo quieto mio marito. Gli ho presentato Lucia che, imbarazzata dalla situazione inizia a balbettare qualche scusa che giustifichi il fatto che si trovi in casa nostra.

Mio marito, educato come sempre, la interrompe senza farle finire la frase ed esclama a gran voce: “Benvenuta, benvenuta! Siete la benedizione del cielo in questa casa.”

Mentre preparo da mangiare penso al triste periodo che sta affrontando la povera ragazza, durante la cottura del cappone mi reco da lei per vedere come sta e dialogare. Mi rivela che le manca Renzo ma che tutti questi problemi mettono a dura prova la sua salute.

Poco dopo, torno in cucina a controllare il cappone che è pronto per esser messo in tavola, mi reco da Lucia e la invito a sedersi a tavola con noi.

Finito il pasto, la mia figliola stette un momento; poi mise insieme un piatto delle vivande ch’eran sulla tavola, e aggiuntovi un pane, mise il piatto in un tovagliolo e un fiaschetto di vino lo portò a Maria vedova.

Sento bussare alla porta di casa, si tratta del curato del paese, dice di essere stato mandato dal cardinale per avvertire Lucia che vuole vederla oggi stesso e ringraziare me e mio marito.

Finalmente Agnese si reca a casa nostra e Lucia emozionata dal suo arrivo si alza precipitosamente verso di lei e l’abbraccia.

Qualche ora dopo il cardinale chiede personalmente a me e mio marito se siamo disposti ad ospitare per quale giorno le due donne e quest’ultimo emozionato e in cerca di una risposta adeguata riesce solo a rispondere “si figuri.”

Così terminò quella giornata tanto celebre.

 

 

 

 

PAGINA DI ESEMPIO

Seguite per favore queste istruzioni!!!!

  1. Aprite la pagina già creata che vi riguarda. Per esempio se a me hanno assegnato FRA CRISTOFORO (ok??? Fra Cristoforo!!!) apro la pagina che si chiama BLOG DI FRA CRISTOFORO che esiste già!!!!!!!!!!! NOn ne creo una nuova!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! come devo dirvelo??????????????????????????

Bene. Apro la pagina suddetta.

2. Scrivo DUE non UNO, DUEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!! articoli preceduti dalla data e dal mio nome tra parentesi. Faccio l’esempio, pronti???? Leggete !!!!

ESEMPIO

Milano 8 dicembre 1628, ore 10:00 (scritto da XXXX YYYY)

bla bla bla bla bla (qui scriverete il vostro PRIMO articolo) bla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla bla bla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla bla bla bla bla bla bla (qui scriverete il vostro articolo) bla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla bla bla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla bla bla (qui scriverete il vostro articolo) bla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla bla bla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla bla

Milano 9 dicembre 1628 (scritto da XXX YYY)

bla bla bla bla bla (qui scriverete il vostro SECONDO articolo) bla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla bla bla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla bla bla (qui scriverete il vostro articolo) bla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla bla bla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla blabla bla bla bla

 

Entrambi qui, sulla stessa pagina. Come, per esempio, ha fatto per bene Panero.

Se volete aggiungete una foto e poi BASTA!!!! Finito qui!!!!

Avete capito?

Storia di una guerra

Milano, 1 maggio 2018 (Panero Carlotta)

Oggi 1 maggio, io vivo a Milano e ho deciso di raccontarvi la guerra di successione del ducato di Mantova e del Monferrato che ha coinvolto anche la mia città, ad opera delle truppe dei lanzichenecchi dell’imperatore Ferdinando II.

Molti miei parenti, i quali abitavano a Mantova e nei dintorni, mi raccontarono che storicamente il conflitto iniziò con la morte di Vincenzo II Gonzaga, duca di Mantova. La sua successione venne contesa tra Carlo Gonzaga di Nevers, sostenuto dalla Francia, e Ferrante Gonzaga di Guastalla, sostenuto dalla Spagna. In seguito alla presa della Rocca delle Rochelle, il cardinale Richellieu aveva portato le truppe francesi in Italia causando il ritiro di quelle Spagnole di don Gonzalo. Nel settembre del 1629 un mio caro amico mi disse che le truppe tedesche entrarono velocemente in Valtellina, poi arrivarono a Mantova e il loro passaggio provocò saccheggi e devastazioni, oltre al terribile contagio della peste. La sua famiglia riuscì a sopravvivere alla devastazione, ma sfortunatamente tre dei suoi figli si ammalarono e dopo poco morirono. Quando mi raccontò il fatto mi si gelò il sangue e pensando che potrebbe essere accaduto alla mia famiglia mi preoccupai molto per noi. La conclusione del conflitto portò circa un milione di vittime, e nonostante la conquista di Mantova ad opera dei lanzichenecchi e l’occupazione della stessa per più di un anno, venne riconosciuto Carlo di Nervers come duca di Mantova grazie a un trattato di pace.

 

Milano, 2 maggio 2018 (Panero Carlotta)

Voglio ora entrare in merito alla Guerra dei Trent’anni, per spiegarne le ragioni.

La guerra iniziò con la morte senza eredi di Vincenzo II di Gonzaga. Da una parte il duca Gonzaga, sostenuto dalla Francia, dall’altra Ferrante Gonzaga, sostenuto dalla Spagna. In seguito entrarono in conflitto Carlo Emanuele I di Savoia e l’imperatore Ferdinando II d’Asburgo al fianco della Spagna, mentre Venezia e il papa Urbano VIII sostenevano la Francia. Le truppe spagnole presero d’assedio Casale e l’intervento delle truppe francesi causò la discesa in Lombardia delle truppe che portò la peste e saccheggi a Milano e Mantova. Pensavo che a Milano non sarebbero arrivate le truppe e la peste, ma sfortunatamente mi sbagliavo e portarono centinaia di morti.  Questo conflitto portò in diverse regioni la carestia del grano, dal momento che ai proprietari terrieri venivano imposte alte tasse per mantenere le truppe, e gli stessi lanzichenecchi saccheggiavano i già scarsi raccolti portando inoltre la pestilenza nella popolazione. I provvedimenti furono presi dal Cancelliere Ferrer che non riuscì a risolvere i problemi tra i fornai e la popolazione provocando diversi tumulti (tumulto di San Martino) e cittadini scontenti. In seguito il cardinale Richellieu portò le truppe francesi in Italia causando fortunatamente il ritiro delle truppe spagnole di don Gonzalo da Casale. Si ritirò quando le truppe dell’imperatore si accingevano a prendere d’assedio la città di Mantova. Nel settembre del 1629 i lanzichenecchi entrarono in Valtellina e si portarono fino a Mantova saccheggiando e devastando ovunque, le popolazioni locali si rifugiarono per lo più sui monti per scappare dal saccheggio. La guerra oltre ad essersi propagata a Milano e Mantova ha toccato anche i paesini vicino a Lecco, compresa anche la città di Don Abbondio. La conclusione del conflitto viene ricordata come la guerra che ha causato circa un milione di vittime. Il trattato di pace ha riconosciuto come duca legittimo Carlo di Nerves e altri trattati segreti hanno fatto seguito alla pace, incluso l’accordo al quale il duca di Savoia cedette la città di Pinerolo alla Francia. E’ giusto condannare tutte le guerre per futili motivi di potere che causano dolore e sofferenza alla povera gente e che tendono a magnificare le imprese dei sovrani e generali senza contare alle carestie e pestilenze che possono derivare dalla guerra.

 

BLOG SULLA PESTE NERA

 

Milano, autunno del 1629 (Martina Trucco)

i Lanzichenecchi, soldati arruolati da legioni tedesche, penetrati attraverso la Valtellina, sono giunti fino a Mantova e l’hanno assediata. Purtroppo con il loro arrivo si è sviluppata una terribile epidemia di peste: Quasi  tutta la Lombardia e Milano sono contagiate.

Io mi chiamo Alessandro e sono un mercante milanese, dunque non me ne intendo molto della questione, ma parlando con la gente della città durante i miei viaggi ho scoperto che la peste è una malattia infettiva che sta decimando la popolazione.  Quest’epidemia si è propagata molto facilmente soprattutto perché Milano in questo periodo è una città molto povera a causa dell’ultima carestia per la guerra del pane e la gente è debole, sfinita.

Un famoso medico di cui ho sentito parlare è Lodovico Settala, che ha provato ad informare il Tribunale di Sanità che la peste si sta diffondendo in tutto il territorio;  alcuni funzionari si sono recati in vari paesi del territorio di Lecco riscontrando molti casi di contagio, a quel punto, le autorità di Milano hanno iniziato a formare un cordone sanitario attorno alla città, per impedire alle persone provenienti dai paesi in cui sono stati registrati casi di malattia di entrare a Milano, ma questa prevenzione è stata applicata troppo tardi, e ora tutta la città è infetta.

 

Milano, 11 Dicembre 1629 (Martina Trucco)

Arrivo alle porte della città, la nebbia rende l’atmosfera ancora più lugubre e terrificante; da lontano intravedo delle ombre che si avvicinano nel viale. Poi sento un suono particolare come di campanelli che si avvicinano sempre di più, le sagome si fanno più nitide: sono quattro persone vestite di stracci con ai piedi delle cavigliere con dei sonagli: trascinano faticosamente un carretto con i cadaveri di decine di infelici. Mi ricordo che qualcuno mi ha parlato dei “Monatti”, devono essere loro, quindi cerco riparo perché temo il contagio. Queste persone fanno tale lavoro per recuperare di casa in casa i corpi dei morti. Mi riparo in un uscio e intanto osservo la scena: da una delle porte si affaccia una donna pallida che sorregge un piccolo corpicino,- sicuramente è sua figlia-  gli individui del carretto si avvicinano a lei la salutano e la chiamano Cecilia. Questa donna non consegna  il corpo di sua figlia, ma lo ripone lei stessa con tutto l’amore possibile. Aspetto che il carretto vada via, poi ritorno a camminare: le vie sono deserte, solo qua e là si sentono voci sommesse e a tratti urla e grida; le case hanno tutte le finestre sbarrate. Forse gli abitanti non esistono più o forse sono dentro malati, la vita in città sembra essersi fermata, i forni sono fermi, non c’è più pane: si combatte anche per la fame e non solo contro la peste.

Le poche persone che incontro mi guardano con diffidenza, non è rimasto più nulla della meravigliosa città che avevo incontrato qualche anno fa. Mi chiedo se saranno tutti morti o qualcuno si sarà salvato.

Poco oltre incontro una vecchietta, confido nella sua saggezza e nella sua pazienza, e le chiedo dov’è tutta la gente, ma quella mi risponde che chi è sopravvissuto se n’è andato via dalla città oppure sta aiutando i malati. Quest’ultimi sono stati portati in un luogo chiamato Lazzaretto: è una costruzione quadrangolare molto vasta in cui si rifugiano i malati. Alcuni di loro sopravvivono e diventano immuni alla malattia, la maggior parte invece muore. Nessuno sa di preciso come avvenga il contagio: c’è invece chi pensa che ci siano delle persone chiamate “Untori” che infettano le porte delle case strofinandoci sopra i vestiti dei malati perché lo facciano non lo so.

Mi rendo conto che non potrò più fare il mercante perché in questa città il commercio è ormai fermo, decido quindi di andare a visitare il Lazzaretto, e trovo un uomo con la barba bianca e vestito da frate che aiuta i più deboli, e con questa immagine mi allontano per timore che la malattia mi possa contagiare.

Immagine correlata

 

BLOG SULLA VITA nella Milano del XVII secolo

Milano, 11 novembre 1628 (Chiara Rossetti)

Caro diario, io sono un pover uomo, un semplice panettiere che lavora in un forno in centro Milano, e sono qui per raccontarti un evento che mi è capitato stamattina.

Tutto questo è successo perché Ferrer, il cancelliere, ha fissato un calmiere sul prezzo del grano, ma noi fornai, ovviamente, abbiamo protestato perché siamo obbligati a produrre pane in continuazione e, oltretutto, il grano scarseggia, perciò abbiamo protestato e alla fine il calmiere è stato revocato. Quindi il popolo si è infuriato e ha iniziato a assalire i forni. Oggi hanno veramente superato ogni limite.

Siamo nel pieno della rivolta del pane, e tutta la gente si precipita sui forni di noi poveri lavoratori. Oggi mi sono svegliato, e sentivo che non sarebbe andato tutto per il verso giusto, infatti così è stato. Stamani, verso le 5, mi sono messo al lavoro nel mio forno ed era ancora tutto tranquillo. Poi, verso le 9.30, ho iniziato a sentire le prime grida dalla piazzetta qui accanto, e già immaginavo cosa poteva essere. Ho iniziato a chiudere le porte e ho continuato a lavorare. Alle 10:00, inavvertitamente, una folla inferocita di gente si è scaraventata sulle porte e ha iniziato a lanciare sassi e bastoni, a imprecare e dare pugni. A quel punto, io, con l’aiuto di altri uomini, ho cercato di allontanare il più possibile la gente, anche distribuendo pane per tenerli buoni e farli calmare, ma, anche in quel caso, i rivoltosi erano così disperati che hanno iniziato a scagliare sassi anche contro le guardie. Allora il capitano di giustizia ha preso il sopravvento, provando a tranquillizzare e rassicurare la folla con parole delicate e diplomatiche, ma la gente aveva troppa fame. Preso dall’agitazione ho preso a gettare contro i rivoltosi delle pietre per cercare di allontanarli, e ho colpito alcune persone, ferendone diverse non era mia intenzione far male alla gente, ma non sapevo più che cosa fare, ero disperato. Questo ha fatto infuriare ancora di più la folla, che non ha più resistito: è entrata, ha distrutto tutto e si è portata via tutti i sacchi di farina che c’erano, tutto il pane che avevo appena sfornato, e hanno rubato tutto il denaro che mi era rimasto. E non è finita lì. Una volta finito di saccheggiare il mio forno, è entrato un altro gruppo di persone, per rubare tutto una seconda volta. A quel punto non ce la facevo più, allora sono uscito dal forno e sono stato ad aspettare che tutto finisse. Mi sentivo veramente distrutto. Ora sono tornato a casa, ho bisogno di dormirci sopra, sono stremato.

Rivolta del pane, Milano 1628

Milano, 12 novembre 1628

Oggi sono proprio un disastro.

Mi sento debole, affaticato e stanco. Stanotte non ho chiuso occhio neanche un’oretta, niente di niente. Sono le 10.30, e sono ancora troppo turbato e scosso dal fatto accaduto ieri, soprattutto dopo aver visto stamattina in che condizioni è ridotto il mio forno, in cui dovrei essere andato alle 5 per lavorare, ma sinceramente stamattina presto non avevo il coraggio di uscire. Quando sono uscito di casa, verso le 9, la prima cosa che ho fatto, è stata andarmi a prendere del vino nell’osteria qui vicino. Non mi reggevo in piedi da quanto ero stravolto. L’oste, mio amico, mi ha chiesto cosa mi fosse successo, e gli ho raccontato tutta quanta la faccenda, ma lui non si è stupito più di tanto, poiché in questo periodo è “normale” che accadano queste cose. Dopodiché, ho raggiunto il mio forno, mi sono messo a piangere, ho pensato che in quel momento non avrei dovuto fare nulla, anche perché se avessi provato a ricostruirlo me l’avrebbero distrutto ancora una volta nel giro di pochissimo tempo, e non ne sarebbe valsa la pena. Sono andato a controllare cos’era rimasto nel mio forno, ma ho visto solamente farina sparsa da tutte le parti, di pane non c’era traccia: avevano preso tutto. A quel punto non avevo più niente da fare lì. Sono tornato a casa sconsolato e senza speranze. Ora sto un pochino meglio, forse un giorno riuscirò ad avere di nuovo il mio lavoro, devo solo aspettare che questa terribile lotta finisca.

 

 

 

 

Blog del Cardinal Borromeo

Milano, mercoledì 16 dicembre 1628 (Mauro Beatrice)

Ho deciso di intraprendere la trascrizione delle mie memorie, ma prima ci tengo a esporre un po’ della mia storia. Il mio nome è Federigo e porto il cognome di una nobile familglia: i Borromeo. Tutti mi considerano un uomo di rara virtù e intelligenza che impiego nella ricerca del bene.

Fin dall’infanzia presi sul serio gli insegnamenti cristiani e decisi di seguirli, infatti, all’età di 16 anni, entrai nel collegio di Borromeo di Pavia, che fondò mio cugino Carlo. Lì, oltre a seguire la regola ecclesiastica, insegnai la dottrina  cristiana al popolo di Pavia. Non mi è mai piaciuto approfittarmene della situazione economica favorevole, anzi, sto rifiutando ancora oggi  tutti i vantaggi che la mia famiglia mi offre. Mi opposi persino ad un insegnamento che mi avrebbe permesso di distinguermi nella società.  Sono un uomo umile e amante della cultura, infatti un paio di anni fa fondai a Milano la biblioteca Ambrosiana fornendola di 30 mila libri di cultura orientale, e la riempii di esperti insegnanti.

Sostengo  l’uguaglianza e la pace tra tutti gli uomini, infatti considero l’elemosina un dovere, mi sento realizzato nell’aiutare gli altri e poi… Dio sicuramente riconoscerà quello che faccio nei confronti dei più bisognosi e, se avrò bisogno, mi saprà aiutare nello stesso modo. Nel 1594 morì mio cugino Carlo che mi sostenne in tutte le mie avventure e decisioni all’interno della Chiesa; alla sua morte tutti volevano e credevano che sarei stato io a prendere il suo posto ma io rifiutai poichè non mi ritenevo degno di un incarico così ambito e pericoloso al tempo stesso. Successivamente, nel 1595, Papa Clemente VIII mi propose l’incarico di Arcivescovo di Milano: io dapprima rifiutai per poi ubbidire  all’espresso ordine del Papa. Sto scrivendo molte opere morali, storiche, religiose e letterarie in lingua latina e italiana. Chissà, magari quando la mia anima sarà nelle mani dell’Alti ssimo queste verranno inserite nella biblioteca da me fondata.

Milano, Giovedì 17 dicembre 1628 (Mauro Beatrice)

Oggi la mia solita routine della domenica mattina è stata interrotta da un incontro con una persona molto particolare; una folla enorme per strada mi voleva incontrare. Mentre mi stavo dedicando agli ufizi divini e la strada era piena di gente che mi voleva vedere si è presentato a me il cappellano che presentava un viso turbato dicendomi che un “signore” chiedeva di essere ricevuto. Ho capito subito il motivo  di quell’espressione, smentendo ogni mia aspettativa, l’ospite che voleva incontrarmi era l’Innominato!!! Varcata la porta siamo rimasti uno di fronte all’altro per un po’ di tempo senza dire nulla. Costui era considerato un criminale dalla faccia cattiva ma questa mattina aveva il volto diverso dal solito: sembrava straziato e tormentato. Nonostante sapessi della sua reputazione nella societá non mi sono fatto intimorire e ho fatto tre passi avanti verso di lui per accoglierlo nel migliore dei modi. Se avesse avuto brutte intenzioni avrei fatto giustizia alla grazia divina e alla speranza della vita eterna. Con molta cautela ho fatto io la prima mossa domandandogli  la ragione di questa visita. Mi diceva che aveva il cuore oppresso e, a seguito di una profonda maturazione della sua coscienza e una notte tormentata da mille pensieri, avrebbe fatto di tutto per farsi perdonare di tutto il male che aveva inflitto a tutti i poveri innocenti. Ero stupito, e non poco, sentendo proferire queste parole di pentimento dall’uomo considerato “Il Criminale”. A quel punto gli ho detto: “Dio solo può perdonarvi  e salvarvi! Se io sono preoccupato per la vostra salvezza pensate qual è l’amore di Dio per voi. Dio può fare di voi un esempio della sua gloria per tutti gli uomini”.  

La sua espressione era cambiata, era stato colpito dalla provvidenza  divina, il suo sguardo aveva gli occhi in lacrime dalla contentezza. Mentre piangeva sulla mia spalla mi diceva che non aveva mai provato sensazione più bella di quella che provava adesso: rimpiangeva tutte le azioni per cui poteva solo pentirsi ma almeno adesso avrebbe potuto interrompere quelle messe in programma. Mi ha raccontato della prepotenza che stava per fare a una giovine che ora si trovava al castello dell’Innominato e, che voleva liberare all’istante. Ho incaricato subito il cappellano di chiamare nella stanza in cui ero il parroco del paese e il parroco del paesello nel quale risiedeva la povera perseguitata. Il primo venne subito avanti mentre il secondo veniva controvoglia. Mentre incaricavo il parroco del paese di far chiamare qualche buona donna, che lo avrebbe accompagnato a prendere Lucia al castello, ordinavo di far preparare subito una lettiga e due mule per Don Abbondio. Ho rassicurato quest’ultimo dicendogli: “Consoleremo questa povera giovane e faremo il suo benessere”.

Ora si è fatto tardi, vado a pregare l’Altissimo di accompagnarmi in questa avventura e domattina proseguiró la trascrizione del mio diario personale.

Blog di Agnese

Mercoledì 8 Novembre 1628. ( federica )

Io sono Agnese, la madre della famosa Lucia Mondella di cui tutti parlano; bravissima ragazza mia figlia, ma ora non siamo qui per parlare di lei, io sono una donna molto furba e molti dicono che io non sia così colta ma a parer mio non è  vero, infatti a Lucia e al suo futuro marito do sempre ottimi consigli.

Quando Renzo informò anche me della notizia non ci potevo credere! Lucia e Renzo non si potevano sposare per colpa di un ignorante Signorotto che si era invaghito di mia figlia. Non poteva accadere una cosa simile, dovevo pensare a qualcosa e anche in fretta prima che succedesse qualcosa di molto peggio… data la violenza di Renzo in quel momento.

Lucia era in lacrime ed io da madre mi sentivo distrutta a vedere la mia bambina, ormai diventata donna, stare così per un prepotente. Mi raccontò che qualche giorno prima mentre tornava dalla filanda incontrò Don Rodrigo, in compagnia di un altro uomo, che che cercò di trattenerla in chiacchiere non troppo belle e quando lei si allontanò sentì il signorotto esclamare “scommettiamo!” e altri sghignazzi.

Così mi venne in mente un’idea geniale, mandai Renzo dall’Azzecca-garbugli chi meglio di lui poteva risolvere questa nostra questione?

Prese quattro capponi e si avviò verso lo studio dell’uomo.

9 Novembre 1628 (Federica)

La mia soluzione non ha funzionato, eppure pensavamo tutti che fosse un’idea geniale, che un uomo sveglio e furbo come lui ci sarebbe riuscito a risolvere i nostri dilemmi.                                                                                          Renzo arrivò con un’espressione indispettita e mortificata allo stesso tempo.                                                        Cercai così di dimostrargli che la mia idea sarebbe stata buona se solo Renzo fosse stato capace di svolgere il suo semplice compito, Ma Lucia ci interruppe annunciandoci un’idea migliore, chiedere al buon Fra Cristoforo e decidemmo di incontrarlo il giorno seguente.

Giovedì 9 Novembre 1628. (federica)

Quando incontrammo Fra Cristoforo il giorno seguente mi scusai per averlo disturbato e Lucia scoppiò a piangere e il buon uomo cercò di calmarla ma non sapeva più come fare ed iniziò a diventare dei mille colori.

Gli raccontammo di come si fosse comportato Don Abbondio e Don Rodrigo e lui faceva quasi fatica a trattenersi dal nervoso, ne ha dette di tutti i tipi di quei due vigliacchi.

Così iniziò a pensare a un modo per risolvere la questione.

                                            *** 9 Novembre 1628  (Nari Laura)

Dopo un po’ qualcun altro bussava alla porta, questa volta era Renzo.                                                                      Dopo aver salutato il frate, Renzo iniziava  ad insultare quella canaglia di Don Rodrigo ed a lamentarsi che tutti i suoi amici nel paese lo avevano abbandonato nel momento del bisogno, ma subito veniva  interrotto e rimproverato da Padre Cristoforo.                                                                                                                                                        Egli ci diceva che sarebbe andato lui stesso da Don Rodrigo, che Dio vegli su di lui.                                                      Dopo averci consigliato di starcene nella nostra casa  si avviava verso il suo convento.                                          Stavamo nella nostra casa in silenzio,  dopo  un po’ mi veniva una fantastica idea, perché non fare un matrimonio a sorpresa? Era di sicuro un piano migliore di quello di Fra Cristoforo, sarebbe servito solo coraggio e destrezza.            Renzo era fomentato e la mia figliola titubante così spiegavo che, una volta sposati, tutto si sarebbe risolto. Avevo sentito dire giù in paese che per un matrimonio ci doveva essere, si un curato, ma non per forza  il suo consenso. Ci devono essere due testimoni molto furbi, si sarebbe dovuti andare dal curato, prendendolo alla sprovvista. L’uomo dovrà dire:”Signor curato, questa è mia moglie.”; la donna dovrà dire :”Signor curato questo è mio marito.” e il matrimonio sarà valido.

Anche una mia amica aveva usato questo stratagemma per sposare il suo amato senza il consenso dei suoi parenti, ma la poveretta se ne pentì dopo tre giorni.                                                                                                                      Renzo subito non ci credeva ma sono riuscita a convincerlo, invece Lucia non voleva averne a che fare. Diceva che era solo un imbroglio, che si doveva dire tutto al Padre Cristoforo.                                                                         Renzo però non le dava ascolto, ci salutava e si dirigeva subito a cercare i due testimoni.

 *** 9 Novembre 1628, tardo pomeriggio (Nari Laura)

Finalmente è  tornato il mio caro genero, ci ha  spiegato  che  ha  convinto il suo amico Tonio e il cugino ad aiutarci nel nostro inganno.                                                                                                                                                    Lucia è  ancora titubante ma la cosa non importa molto a me a Renzo, questo matrimonio s’ ha da fare!                    Io e Renzo eravamo decisamente motivati, fino a quando mi ricordavo della presenza di Perpetua nella casa del curato. Non avrebbe di sicuro fatto entrare i due promessi sposi a quell’ora della sera.                                          Subito dopo trovavo una soluzione : avrei distratto Perpetua, nota come una grande chiacchierona, con dei grandi pettegolezzi .                                                                                                                                                                  La mia cara Lucia però non si lasciava smuovere, non voleva sposarsi con inganni e sotterfugi, men che meno nascondere una cosa simile a Fra Cristoforo, voleva sentire la sua idea.                                                                 Subito dopo  sentivamo dei passi, era proprio Padre Cristoforo.                                                                                  Lui ci aveva detto che all’indomani avremmo dovuto recarci nel suo convento, dove   ci avrebbe spiegato il suo piano.  Ci spiegava anche cos’era successo con Don  Rodrigo.                                                                                          Dopo aver finito il racconto Fra Cristoforo usciva di fretta dalla nostra casa per arrivare prima della notte nel convento , per evitare  di incorrere nelle penitenze. Mentre usciva, ci ricordava di avere fede nel Signore e nella provvidenza.                                                                                                                                                                      Uscito il frate , io non ero così convinta delle sue parole . Renzo era fuori di sé dalla rabbia, tornava a proferire minacce contro Don Rodrigo. Io e Lucia provavamo a farlo ragionare, ma il giovane non voleva  sentire ragioni ed era determinato ad uccidere Don Rodrigo. Provavo inutilmente a calmarlo, Lucia piangeva e lo supplicava  di rinsavire, si inginocchiava di fronte a lui  e prometteva  che sarebbe andata dal curato per tentare il “matrimonio a sorpresa”, quindi finalmente Renzo si calmava.

*** 10 Novembre 1628, mattina (Nari Laura)

Questa mattina è arrivato Renzo per definire i dettagli del nostro grande piano. Dopo gli ho chiesto se poteva andare al convento per parlare con Padre Cristoforo, ma lui si è rifiutato per paura che il frate scoprisse degli inganni che avevamo in mente.                                                                                                                                                            Allora ho deciso di andare da un ragazzino di dodici di nome Menico, per chiedergli di andare dal cappucciono, sentire cos’aveva da dire e tornare dalle due donne a riferirgli le sue parole in cambio di un paio di monete d’argento, fortunatamente Menico ha accettato.                                                                                                          Dopo essere tornata a casa sono successe cose molto strane, per prima cosa è arrivato un mendicante a chiedere il pane, quando però ha ricevuta la sua pagnotta si è trattenuto nella nostra casa con delle scuse mentre curiosava in giro.                                                                                                                                                                                Dopo il mendicante, altre persone sono passate davanti alla nostra casa in modo sospetto fino a mezzogiorno. Io e la mia adorata  Lucia eravamo intimorite per cioò che era successo, l’idea del matrimonio a sorpresa non sembrava più così geniale.

*** 10 Novembre 1628, notte (Nari Laura)

Era arrivato il gran momento! Ci siamo incamminati verso la casa del curato per l’ inganno, arrivati alla porta Tonio e Gervaso chiamarono Perpetua mentre io, Renzo e Lucia ci nascondevamo.                                                          Perpetua, dopo essere andata ad avvertire Don Abbondio della presenza dei due, li raggiunge. Poi, come per caso, sono arrivata io per distrarla, la domestica così invita i due uomini a entrare, mentre gli  dico che per alcuni pettegolezzi Perpetua non avrebbe sposato due pretendenti perché non l’avevano voluta, subito ha negato la cosa e mi ha chiesto chi aveva messo in giro delle simile menzogne. Ho finto di voler sapere altri particolari, inizio a parlare con Perpetua e la faccio allontanare dalla casa.  Quando io e Perpetua ci siamo allontanate abbastanza, ho  tossito forte per lanciare un  segnale che ha fatto capire a Renzo e Lucia che era il momento di entrare nella casa.      È passato un po’ di tempo e stavo ancora parlando con Perpetua cercando di non farla avvicinare alla casa del curato. Non avevo avuto nessun segno della buona riuscita del piano quando ad un certo punto sentiamo le grida di Don Abbondio. Io continuo a parlare con indifferenza ma Perpetua sentendole grida di aiuto si precipita verso la casa. Io la seguo ma subito dopo sento le urla di Menico e in contemporanea il suono delle campane. Insomma nel Paese si è creato un grande casino!                                                                                                                        Arrivata alla casa  arrivarono subito Renzo e Lucia. Renzo invita me e la mia povera figliola a casa, ma arriva di corsa Menico che ci invita ad andare da Fra Cristoforo. Così ci siamo incamminati verso il convento tagliando per i campi. Quando siamo arrivati in un campo isolato, Renzo mi ha informato dell’esito negativo del piano e Menico ci racconta che nella nostra erano entrati gli scagnozzi di Don Rodrigo, quel farabutto! Do a Menico 4 monete d’argento e Renzo gli da una berlinga, speriamo che non dica niente di quel che il Frate gli ha detto.                                                                                                                                                                                Siamo arrivati al convento, all’ingresso ci sono Padre Cristoforo e Fra Fazio, diffindente dal fatto che due donne entrino un convento.                                                                                                                                                      Fra Cristoforo ci consiglia di lasciare il nostro paese, ormai non è più un posto sicuro per noi. Io e mia figlia saremmo dovute andare a Monza in un convento, Renzo invece sarebbe dovuto andare a Milano da Padre Bonaventura da Lodi.                                                                                                                                                                                    frate ci invita a raggiungere la riva del lago  dove troveremo un barcaiolo che ci trasporterà alla riva opposta, dove una carrozza ci porterà fino a Monza.                                                                                                                       Siamo usciti dal convento e ci siamo recati alla riva del Lago dove subito abbiamo trovato il barcaiolo, e dopo aver detto la frase in codice ci fa salire sulla barca e inizia a remare verso la riva opposta. La mia bellissima figlia ha un aria triste, so che gli mancherà questo piccolo paesino.

Monza 11 Novembre 1628, mattina (Nari Laura)

Il barcaiolo ci fa scendere sulla sponda opposta dell’Adda. Il calesse è lì ad attenderci con il suo conduttore, perciò saliamo e l’uomo parte subito per Monza.                                                                                                                     Arriviamo a Monza poco dopo l’alba e  il conduttore del calesse ci porta in una locanda per riposarci, Renzo vuole restare con noi, ma doveva subito partire per Milano per obbedire a Padre Cristoforo. Renzo quindi si incammina verso Milano mentre la mia povera figlia piange per la separazione.                                                                                Il conduttore del calesse ci conduce al convento dei padri cappuccini e una volta arrivati l’uomo fa subito chiamare il padre guardiano. Lui si presenta sull’uscio e legge la lettera scritta da padre Cristoforo. Così capisce che solo la “ Signora” potrà esserci d’aiuto, e ci invita a seguirlo al convento delle monache. Intanto il frate ci raccomanda di seguirlo a una certa distanza in strada, per evitare che la situazione si possa fraintendere. Il conduttore del calesse ci rassicura che questa “Signora” è una brava persona, molto rispettata e che con lei saremo state al sicuro. Quando arriviamo al convento il conduttore ci lascia con il frate e ci augura il meglio. Il frate ci fa entrare nel cortile del convento e ci  fa attendere nelle stanze della fattoressa, mentre lui va a chiedere udienza alla “Signora”, torna poco dopo e le accompagna al parlatorio per parlare con la” Signora”.                                                                                      La mia figlia non è mai stata in un convento e rimane  sorpresa di non vedere la monaca, vede poi il padre guardiano avvicinarsi a una finestra con una grata che si apre sulla parete, dietro di essa c’è la “Signora”.                    Il Padre ci presenta la “Signora” e noi subito ci inchiniamo. La monaca subito inizia a chiedere a Lucia la sua storia, ma la mia povera figlia è troppo sconvolta per rispondere quindi inizio a parlare io ma subito il Frate mi zittisce e continua lui la storia. Però la monaca chiede altri particolari, ma li vuole sentire dalla mia Lucia questa volta.            Lucia è imbarazzata e inizia a balbettare senza dir nulla, così inzio a spiegare a Gertrude che Lucia odia quel farabutto  ed è promessa in sposa a Renzo, e che sarebbero già sposati se il curato del paese avesse avuto più coraggio! Gertrude mi interrompe bruscamente e mi rimprovera di parlare senza essere interrogata, che persona maleducata! Il padre guardiano accenna a Lucia che deve essere lei a raccontare la sua storia.                              Lucia quindi prende coraggio e  inizia a raccontare, dopo inizia a supplicare la “Signora” di concederci la sua protezione. Gertrude crede a Lucia e sceglie di aiutarla, così decide di ospitarci. Dopo decide di parlare in privato con Lucia così fa uscire me e il frate dalla stanza.                                                                                                                  È passato un po’ di tempo e finalmente Lucia esce dalla stanza e mi confida l’imbarazzo nel rispondere alle domande della monaca. Così la consolo dicendole che tutti, chi più e chi meno, sono strani e che prima a  poi lo capirà anche lei. Il frate ci fa accomodare nell’alloggio lasciato dalla figlia della fattoressa, sono molto felice di aver trovato protezione, adesso io e la mia adorata figlia possiamo essere serene.

 

Monza 13 Novembre 1628 (Laura Nari)

Sono passati pochi giorni da quando io e Lucia ci siamo trasferite a Monza, ma sta mattina la fattoressa mi ha raccontato delle voci che si sono sparse giù in paese.  A Milano hanno arrestato dei capi della rivolta e presto saranno uccisi, uno di questi è scappato e veniva da Lecco. Che sia il nostro Renzo?!                                                    All’inizio pregavo  Dio che non fosse lui, ma poco dopo la fattoressa ci ha confermato che era proprio lui. La mia povera Lucia era spaventata ma io con calma spiegai che quel giovane è una persona per bene.

 

 

Monza 31 Novembre 1628 (Laura Nari)

Due settimane fa  è arrivato un pescaiolo di Pescarenico mandato da Fra Cristoforo, ci ha detto che le voci che girano su Renzo sono vere, ma il ragazzo, fortunatamente, è sano e salvo nel Bergamasco. Almeno adesso la mia amata figlia potrà dormire sonni tranquilli.                                                                                                                     Lo scorso Giovedì è tornato di nuovo è ci ha confermato che Renzo sta bene, anche se non ci sono notizie precise di che fine abbia fatto il giovane.                                                                                                                                        Ieri mattina il pescaiolo non è tornato, così ho preso una decisione, andrò al paese a parlare direttamente con Fra Cristoforo, chiederò al pescaiolo di accompagnarmi fino a Pescarenico, non potrà rifiutare.                                    Siamo arrivati sta mattina a Pescarenico, e subito mi sono avviata verso il convento dei cappuccini.                              Ho suonato il campanello e subito mi ha aperto fra Galdino. Il Padre Cristoforo non è nel convento ma io non posso parlare con altri padri del convento. Così ho deciso di tornare nel paese, chissà cosa ci aspetterà nel futuro.

Novembre 1628 (Nari Laura)

Il buon cardinal Borromeo mi ha avvertito del rapimento di Lucia, così sono subito partita verso il Paese vicino al Palazzo dell’Innominato, chissà cos’ha fatto quel mostro a mia figlia!                                                                          Nel viaggio verso il paese ho incontrato Don Abbondio, così ho potuto raccontargli tutte le disgrazie di mia figlia. Ma non avevo molto tempo, non vedevo l’ora di riabbracciare.                                                                                              Più tardi sono finalmente arrivata a casa del sarto e finalmente ho visto la mia adorata figlia. La padrona di casa ci ha lasciate sole per parlare, Lucia mi racconta di tutte le disavventure. Ovviamente tutto quello che era successo era stato architettato da Don Rodrigo, quel maledetto!                                                                                            Abbiamo parlato anche di Renzo, ma Lucia non sembrava interessata all’argomento. Chissà perché.                            Il nostro discorso viene poi interrotto dall’arrivo del cardinal Borromeo che si fa raccontare tutto quello che era successo, a partire da Don Rodrigo.

 

Novembre-Dicembre 1628 (Nari Laura)

Io e Lucia siamo ancora ospiti nella casa del sarto, a mia figliola passa tutto il tempo a cucinare e io spero ogni secondo di ritrovare Renzo e di continuare la nostra vita. Io e la moglie del sarto siamo diventate grandi amiche, parliamo sempre dei pettegolezzi in paese.                                                                                                                  Un pomeriggio arriva una carrozza che viene a prendere me e Lucia per portarci da donna Prassede, una donna molto buona da come dicono nel paese. Così accettiamo e quando arriviamo, la donna ci accoglie calorosamente.       Mi ha subito fatto una buona impressione, sembra una donna gentile e di buone maniere. Voleva offrire a me e Lucia ospitalità nella sua casa a Milano.                                                                                                                          Io e Lucia non ci abbiamo pensato due volte e abbiamo accettato l’offerta, la loro villa è vicino al nostro paese. Così il marito di donna Prassede ha scritto una lettera al cardinal Borromeo per informarlo.                                          Pochi giorni dopo siamo arrivate al paese, in seguito faccio vedere al cardinale la lettera di don Ferrante e dopo averla letta decide che l’invito di donna Prassede è la cosa migliore per noi

16-18 Dicembre 1628 (Federica Pannia)

Mia figlia Lucia è andata da donna Prassede, ma per fortuna la potrò ancora vedere prima che parta per Milano stavo infatti pensando ad un modo per poter passare un po’ più tempo con lei, probabilmente starò qualche giorno nella villa vicino al villaggio… si farò così!

Comunque sia, oggi il cardinal Borromeo mi ha fatto chiamare con molta urgenza, al che sono subito andata da lui per vedere cosa fosse successo: l’innominato l’ha incaricato i consegnarmi cento scudi d’oro ed una lettera in cui diceva al cardinale di consegnarmi questa somma come risarcimento per il male fatto a Lucia e per farmi sapere che qualunque cosa avessimo avuto bisogno lui ci sarebbe stato. Chi l’avrebbe mai detto che uno dei criminali più temuti sarebbe diventato così gentile?

Arrivata a casa non ci credevo ancora.

Il giorno dopo sono andata a trovare Lucia per raccontarle tutto ma lei non sembrava entusiasta.. anzi, sembrava completamente apatica alla notizia, cercai di capire cosa avesse fin quando non mi diede la notizia: si era votata alla Vergine, di non voler più pensare a Renzo e mi chiese se potevo farglielo sapere. Non sapevo proprio come reagire, mi limitai a dirle che l’avrei fatto, ma il problema era che nessuno sapeva che fine avesse fatto Renzo!

*** Dicembre 1628, tarda sera. (Federica Pannia)

Oggi mi è arrivata una lettera da Renzo finalmente, sono andata infatti a Maggianico a farmela leggere da mio cugino Alessio e per inviare una risposta.

Ho dovuto informare Renzo del voto della sua futura sposa, poverino… chissà come la prenderà.

*** 1629 (Federica Pannia)

Oggi ho aiutato Don Abbondio e Perpetua a scappare dai lanzichenecchi: gli ho proposto di andare a vivere nel castello dell’innominato per qualche tempo ed hanno subito accettato, così ci siamo subito messi in viaggio tagliando dai campi.

Siamo andati a casa del sarto e non ce l’ho più fatta, sono scoppiata a piangere come una bambina tra le braccia della moglie del sarto, ci hanno offerto poi il pranzo e ci siamo rimessi in viaggio.

Arrivati lì siamo stati accolti benevolmente e ci è dispiaciuto dovercene andare.

Quando siamo tornati in paese abbiamo fatto un’orribile scoperta: i lanzichenecchi erano arrivati anche li, era tutto completamente distrutto.

Agosto-Settembre 1929. (Federica Pannia)

Era arrivata la peste e io non potevo starmene li e rischiare di essere contagiata così sono partita per Pasturo. Ad un certo punto sento bussare e vidi Renzo: mi disse che per fortuna mia figlia stava bene, lo invitai ad entrare ma rifiutò per la paura di contagiarmi nonostante non fosse infetto, ormai era l’unica cosa di cui si parlava; così andammo in un orto dietro casa e mi spiegò tutto: lo scioglimento del voto di Lucia, il loro trasferimento dopo le nozze, proprio tutto senza tralasciare niente